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sabato 26 novembre 2016

Gastrofisica

Mangiare non è un'azione di poco conto seppure compiuta quasi automaticamente più volte al giorno, ma è un gesto capace di creare legami e connessioni che nemmeno immaginiamo e che sono alla base delle esperienze sensoriali studiate dalla “gastrofisica”, una nuova scienza specializzata nello studio delle percezioni sensoriale e le loro dinamiche che si instaurano mangiando e bevendo.  


Charles Spence, professore di psicologia sperimentale all’Università di Oxford, autore di The Perfect Meal: The Multisensory Science of Food and Dining direttore del Crossmodal Research Laboratory, un centro di ricerca sperimentale specializzato nello studio degli effetti degli stimoli sensoriali, soprattutto legati a cibo e psiche, afferma che: «con chi mangiamo, la composizione dei piatti, il colore delle stoviglie e del cibo, la sua consistenza, il suono che produce quando lo mettiamo in bocca, il rumore di fondo del locale e persino il peso delle posate, sono solo alcuni esempi dei numerosi parametri che, attraverso il senso dell’udito, del tatto e della vista, influenzano la nostra percezione del cibo e con i quali, grazie alle scoperte della gastrofisica, uno chef oggi può sperimentare con cognizione di causa, quasi si trattasse di nuovi ingredienti».
  
Aduriz, ex allievo di Ferran Adrià (padre della cucina molecolare), uno degli chef più vicini alla gastrofisica pensa che si stà sviluppando infatti anche una nuova “gastronomia tecno-psicologica” che grazie alle scoperte nel settore della percezione del cibo, anche dal punto di vista emozionale e della memoria, punta ad offrire, attraverso un dispiego non indifferente di strumenti tecnologici, non semplici piatti, ma “esperienze”.

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